VerdeRAM

Azienda agricola, florovivaistica e di consulenza informatica
condotta (e raccontata) da Valerio Sanguineti

Identity

VerdeRAM prende vita a fine 2016, quando comincio maldestramente ad innestare, sul ceppo solido di una tradizione contadina le cui radici si perdono nel tempo, la mia esperienza quasi ventennale nel mondo dell’informatica.

L’urgenza a cui tento, con questa decisione, di rispondere, è quella, primordiale, di coltivare la terra. C’è un grido, infatti, che non sopporto più: è quello - lacerante - di quella parte di appezzamenti che costituisce l’azienda agricola di famiglia che i rovi hanno sommerso.

Più delle terre sognate*

Sotto a quelle spine, infatti, ci sono le pietre dei muretti a secco, affastellati scaglia su scaglia per generazioni. C’è l’acqua delle falde sotterranee che mio nonno, rabdomante, rincorreva e stanava dalla roccia, nel tempo di mezzo tra le due guerre che han dilaniato il ‘900. C’è il ferro ritorto e rugginoso di ciò che rimane delle arcate sinuose delle serre e del fitto intreccio di impianti idraulici ed elettrici che le mani di mio padre hanno posato negli anni del boom, quando io non c’ero ancora. C’è la terra su cui si son chinate generazioni di madri a seminare, a strappare le malerbe, a raccogliere le olive o il preboggión.

Ma, soprattutto, sotto ai rovi ci sono i sogni e le speranze del bimbo che giocava sul palcoscenico terrazzato dei vivai. Contraltare tanto precario quanto pervicace al coacervo di difficoltà e di sofferenze che hanno permesso ai rovi stessi di rampicare, anno per anno, a soffocare tutto.

Technology moving manward

Alla base della natura ibrida di VerdeRAM c’è anche una volontà precisa che muove nel solco di una lunga “tradizione” di famiglia e, in ultima analisi, dell’umanità: innovare. C’è una fiducia nell’ingegno creativo della mente umana che è non è solo il perpetuarsi del gioco del bambino o il marchio a fuoco del DNA, ma una precisa mission: quella di rendere un po’ meno difficile e più competitiva la coltivazione dei territori terrazzati.

In questa staffetta a lungo termine di cui ho da poco preso il testimone io - che non sono rabdomante e non so lavorare carpenteria metallica - mi aggrappo all’unica cosa che mi è riuscito in qualche modo di fare fino ad ora: reti. Ma il tempo di portare in campo quelle di calcolatori, o di imprese, verrà poi.

Baby steps

Adesso è il momento in cui le reti bisogna imparare con pazienza a ricucirle con la più tradizonale delle tecniche. Perché nelle terre che riemergono dai rovi la primissima cosa da (ri)costruire non sono i muretti a secco od i sentieri, bensì il presidio e la dedizione quotidiana. La vera rete di sicurezza che teneva insieme versanti che ora franano, infatti, era fatta più di tempo che di mezzi.

Non di grandi interventi strutturali ma di piccolissimi passi quotidiani. Appresi quelli la tecnologia verrà in supporto.

* Ivano Fossati, “Una notte in Italia”, in “700 giorni”, 1981 [ascolta].

"Tornerà la terra follemente bella
dopo l'estinzione della razza umana."

Baustelle, Fantasma, 2013